3 maggio 2014, Stadio Olimpico, Roma
Si chiama Gennaro De Tommaso, capo dei Mastiffs, uno dei più noti gruppi ultrà del Napoli, è figlio di un camorrista affiliato al clan Misso, ed è soprannominato Genny ‘a Carogna. Fedina penale lunga un chilometro. Ieri sera ha tenuto in scacco il calcio italiano, stanotte dormirà tranquillo nel suo letto e domani leggerà la rassegna stampa che ne narra il trionfo.
E’ lui il vero vincitore della Coppa italia (con la minuscola: quella che fischia l’inno nazionale e che segue pecorona il capopopolo).
Se la “Gazzetta” ne possiede la scheda [leggi], è difficile credere che la polizia non lo conosca. E allora non possiamo non farci una semplice domanda: come mai le “autorità istituzionali” lo hanno assunto a interlocutore in Mondovisione?
Con qualche tentativo di risposta: o sono incapaci (cioè non sanno con chi hanno a che fare) o sono inefficienti (cioè non sanno fare il loro mestiere) o sono impotenti (cioè non sono più in grado di assicurare la funzione).
Le “autorità” si sono inventate la “versione ufficiale” (sparatoria estranea al mondo del calcio) per fare giocare la partita “per motivi di ordine pubblico”. Dovrebbero semmai domandarsi come mai sono state incapaci di evitare che Genny entrasse allo stadio con il suo kommando e facesse quel che ha voluto. Domanda retorica, invero. Le responsabilità? Di nessuno, come sempre quando ci sono di mezzo i grand commis dello stato (con la esse minuscola).
Ieri sera chi ama il calcio italiano ne è stato espropriato da un’alleanza indecente e potentissima tra criminalità organizzata e autorità conniventi.