St. Long John da Carrara e la signora Ivanka





















25 maggio 2017, Roma

E pensare che, quando lei è nata (a New York), Giorgione era ancora la star dei New York Cosmos. Quando lei è nata, Giorgione Chinaglia era il giocatore di soccer più famoso della grande metropoli americana. Che poi fosse una fama relativa, si sa.

Lei, Ivanka Trump, era a Roma insieme al padre e al marito due giorni fa. Ha cenato da Sabatino, in Piazza di Sant'Ignazio, famoso ristorante romano. A una parete del locale, una foto incorniciata di Padre Pio, una di papa Francesco, e di lato un crocifisso. In alto, a sovrastare tutto, un quadro che raffigura Giorgio Chinaglia, con la maglia della Lazio: un disegno ripreso da una foto scattata probabilmente verso la fine 1971 (forse il 19 dicembre, in occasione di una gara interna contro il Taranto), quando la Lazio militava in Serie B [vedi].


La signora Trump è incuriosita, la sacralità dell'immagine (il gesto del centravanti, esultante e con lo sguardo rivolto verso il cielo, gli conferisce un atteggiamento estatico) in quel contesto è fuori di dubbio. Domanda: "Che santo è?" Sembra una domanda molto ingenua, tant'è che viene riportata con entusiasmo da tutti i giornali. La figlia dell'uomo più potente del mondo sorpresa in una clamorosa benché innocente gaffe.

Eppure, la cosa è più interessante. Certo, diverte. Ma è un episodio rivelatore. Noi siamo abituati a questo tipo di iconografia e alle leggende (e al culto) dei santi pedatori. Ma, per chi non appartiene alle tribù, sono pratiche che incuriosiscono, nel loro rimandare a un immaginario religioso del tutto tradizionale.

Fonti:
- Ansa
e altre ancora ...

La città e i suoi ricordi




























Sarrilandia, 20 maggio 2017

A lungo sono rimasti, i giocatori, sotto la curva, applauditi dal loro popolo e dai soliti canti, nel tipico clima di festa che (in tempi lontani) caratterizzava l'ultima partita interna di ogni squadra. C'era sempre quella 'pacifica invasione di campo', oggi proibita. Ieri sera, sotto la curva, è rimasto a lungo il Napoli, al termine di un match dominato contro la Fiorentina, dopo l'ennesimo spettacolo di gran calcio offerto in questa stagione. Stagione che conclude senza titoli. Senza titoli? Certamente, in nessun albo d'oro il nome del Napoli farà capolino per la stagione 2016-17. Ha anzi peggiorato (manca ancora una partita, ma è difficile che qualcosa cambi) la sua posizione finale nella classifica di Serie A: da secondo a terzo. Ha mancato la finale della Coppa Italia, eliminato nel doppio confronto dalla Juventus. Ha vinto il girone preliminare di Champions League, non senza qualche affanno, ma poi il sorteggio l'ha messo di fronte al Real e sappiamo com'è andata. Dunque: zero tituli, direbbe Mourinho. Lo scudetto (virtuale) del bel gioco è indubbiamente suo: nessuno lo disconosce. Ma la città chiede qualcosa di più, ed espone pubblicamente la propria richiesta.

Sono passati esattamente trent'anni dal primo scudetto. I tifosi sono insaziabili. Vorrebbero vincere, e non dover vivere sempre e solo di ricordi. Sanno di avere una grande squadra, e un allenatore che le ha dato un gioco infinitamente più bello di quello che produceva il Maradonapoli. La differenza, allora, era tutta nei piedi del Diego. Ora può farla Sarri, gran direttore d'orchestra. Lo meriterebbero ampiamente, questa squadra e la sua città. 

Mezzogiorno e mezzo di fuoco






14 maggio 2017, Milano, Arena Suning (già Stadio 'Giuseppe Meazza' in San Siro)

La curva nord (la curva interista) è stata grande protagonista in occasione del match di Serie A tra Inter e Sassuolo, giocato alle 12.30. Ha reso pubblico il suo pensiero mediante il classico e ormai (almeno a Milano, e su entrambe le sponde della tifoseria) sistema della scrittura esposta su striscioni. Messaggi di contestazione, in rima ed articolati, ma anche semplici ed immediati. Che hanno come principali destinatari i giocatori, accusati di scarso - come si suol dire - attaccamento alla maglia, e dunque responsabili di una stagione fallimentare - la prima stagione intestata a Suning. Uno spettacolo pirotecnico, che si conclude intorno alla metà del primo tempo. E che qui ci limitiamo a documentare. 




















































La città e la storia







Torino, Juventus Stadium, 6 maggio 2017

Il cosiddetto derby della Mole ha importanza relativa per la classifica. E' in calendario, tuttavia, proprio nei giorni in cui - come ogni anno - si celebra il ricordo di Superga. Come sempre, in questi casi, c'è qualche mente raffinata che riesce a sollecitare la propria fantasia escogitando frasi che avrebbero lo scopo - più che di provocare gli altri - di divertire gli amici (imperdibile la scritta "Da Lisbona a Torino era meglio in motorino" piazzata su qualche lenzuolo lungo l'ascesa al colle; arguta e difficile la rima, senza dubbio). Ma sono episodi isolati, forse, Dentro lo stadio, invece, va in scena la liturgia consueta. Quella organizzata. E la curva bianconera, quella più 'calda', quella meglio infiltrata (da quel che sappiamo), quella che peraltro (come tante curve) nutre una passione per il calcio solo se porta utili e affari (loschi), espone quella che vuole essere la sentenza definitiva. "Torino: a voi il nome, a noi la storia". Già, stavolta niente battutacce tipo "solo uno schianto", tipo "quando volo penso al Toro". Nessun sussulto particolare. Una rivendicazione precisa. Nella storia (si suppone quella del calcio), per quello spicchio di 'popolo' juventino, il Toro non c'è. C'è la Juve, ci sono loro. Beh, detto nei giorni in cui - come ogni anno - si ripensa alla tragedia di Superga e a cos'era e a cos'è stato 'quel' Torino nella storia del calcio e soprattutto nella storia del paese, nell'immediato dopoguerra, allora sì: l'hanno presentata come una cosa seria, un pensiero profondo, una riflessione ponderata, ma fa davvero ridere. Molto.