10 giugno 2013, Estadio Único, La Plata
Dalla fine del mondo non vengono solo papa Francesco e il suo messaggio di speranza e carità, ma anche, purtroppo, la sensazione di un endemico e inestirpabile stato di violenza che permea il calcio argentino.
Nell’ultima giornata della Primera División si sono avuti gli atti vandalici dei tifosi dell’Independiente allo stadio Monumental, che hanno costretto l’arbitro a sospendere la sfida contro il River per alcuni minuti. Poi gli incidenti allo stadio Amalfitani tra i tifosi dell’All Boys e la polizia, con l’arbitro obbligato a chiudere la partita contro il Velez dopo appena 26 minuti di gioco. E infine il morto.
Nel tunnel d’accesso allo stadio Unico di La Plata, poco prima dell’inizio di Estudiantes - Lanus è esploso un violento scontro tra la polizia e gli ultras del Lanus che avrebbero tentato di entrare nell’impianto senza possedere il biglietto. Il 42enne (mica un ragazzo) Santiago Daniel Jerez è morto perché raggiunto al petto da un proiettile di gomma sparato dalla polizia [leggi | vedi].
Ordinaria follia? No. Ordinaria violenza. La “Asociación civil por un futbol sin violencia ni corrupción: Salvemos al Futbol” [vedi], fondata nel 2006, ha accertato 272 morti dal 1922 a oggi, di cui oltre 60 nell’ultimo decennio.
Non sappiamo se lo sia, ma certo il calcio argentino sembra quello più afflitto dalla violenza. Attualmente, in Europa, lo sono un po’ tutti i campionati: nella quotidiana indifferenza dei media occidentali, le partite di quelli dei paesi dell’Est - con epicentro in quello bulgaro -, coltivano un clima impressionante. Anche Turchia e Italia, come sappiamo, sono pentole a pressione. Ma non è che sui Campi elisi o in Olanda, e nella stessa Wembley, le cose vadano poi tanto meglio [vedi].