Football Against the Enemy: Egitto 2012-2013


26 gennaio 2013, Il Cairo

L’immagine è stereotipa delle manifestazioni di massa che, quasi ogni giorno e da alcuni decenni, provengono dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Al punto che ne siamo assuefatti. Questa volta però si tratta di tifosi di calcio. Festeggiano - pistoloni e razzi alla mano - la sentenza di condanna a morte decretata della corte d’Assise di Port Said contro 21 ultras nemici riconosciuti colpevoli di aver partecipato al massacro dello stadio della medesima città del 1° febbraio 2012 in cui morirono 74 persone [leggi]. Altri 52 ultras sono in attesa di analogo giudizio. Quasi tutti sono tifosi dell’Al-Masry, club della città marittima. A festeggiare sono invece gli ultras dell’Al-Ahly Sporting Club, la società cairota col maggior numero di sostenitori nel paese.
Contemporaneamente a queste scene di giubilo pirotecnico ed emotivo, gli ultras dell’Al-Masry e i parenti dei condannati a morte stavano dando l’assalto alla prigione di Port Said dove sono attualmente detenuti i condannati [peep-show]. Nella repressione delle forze di polizia sono morte almeno altre 30 persone. Che portano ad oltre un centinaio le vittime per il calcio in Egitto in meno di un anno. La Etisalat Egyptian Premier League del 2011-2012 è stata annullata e quella del 2012-2013 non è ancora cominciata. In pratica nel grande paese erede dei Faraoni non si gioca più a calcio da un anno.
A guardare bene è poca cosa rispetto ai problemi e alle violenze che l’Egitto sta vivendo dopo la fine del regime guidato da Hosni Mubarak. Ma la stessa vicenda tra le “tifoserie” dell’Al-Masry e dell’Al-Ahly si legge meglio se si tiene conto che i primi - sostenitori del regime di Mubarak - si presero una vendetta allo stadio di Port Said il 1° febbraio 2012 nei confronti dei secondi, che si erano invece distinti nelle rivolte della cosiddetta “Primavera araba” che aveva portato alla caduta del regime [analisi].

Il calcio non è strumento della politica: il calcio è politica. Against the enemy.