Botte da orbi


Firenze-Pescara, 2 maggio 2012

Purtroppo ci tocca mettere in archivio una scena che non avevamo mai visto in quarantacinque anni di onorata carriera voyeuristica. Nei cazzotti di Delio Rossi ad Adem Ljajic sta tutta la morte del calcio italiano di questi anni. E' un calcio orbo di sé e dei suoi fasti passati, precipitato in un tunnel nero di cui non si intravede la fine. La violenza, la maleducazione, l'ignoranza, la protervia e la sopraffazione come stile di vita senza freni e inibizioni - e senza alcuna forma di contrasto (morale, disciplinare, repressiva) - sono ormai il liquido di quotidiana coltura di un ambiente probabilmente irrecuperabile, destinato a un avvitamento senza fine su se stesso.

Certo, notizie di fatti analoghi ci giungono ogni giorno da altri paesi, spesso ritenuti (a torto) più "seri" del nostro. Di questa settimana sono: l'arresto di Jermaine Pennant dello Stoke City per violenza sessuale e incidente automobilistico in stato di ubriachezza; la condanna a cinque anni di due ultras scozzesi per aver inviato pacchi bomba al presidente e ad alcuni tifosi VIP del Celtic; la radiazione a vita di Craig Whyte, proprietario dei Rangers, per aver condotto il club sull'orlo della bancarotta; la tribale demolizione del campo dello Zenit da parte dei suoi "tifosi" per festeggiare lo scudetto russo; la federcalcio della Turchia che blocca le retrocessioni per evitare che finiscano in B Fenerbahçe, Besiktas e Trabznonspor, travolte con altre cinque squadre dal calcio scommesse locale; il lancio di banane, arance e bottiglie sulla testa di Neymar a La Paz nell'ottavo di andata di Bolivar-Santos per la Copa Libertadores; 68 arresti a San Juan in Argentina dopo che i barra bravas locali avevano assaltato il pullman del Godoy Cruz; la retrocessione dell'Al Masry nella serie B egiziana, perché ritenuta responsabile della carneficina che provocò 74 morti a Port Said lo scorso febbraio (fonte: "Extra Time", davvero extra, della "Gazzetta dello sport" del 1° maggio 2012).

Qui a fianco la foto (diffusa dalla Polizia di Stato) dei gemelli ultras dei Rangers della curva nord del Pescara, Antonio e Domenico Rigante (a distinguerli era solo un piercing sul labbro di Antonio), entrambi colpiti da Daspo per gli scontri con i rivali del Lecce. Il secondo è stato ucciso in casa propria a revolverate da una banda di nomadi della periferia di Pescara, che in realtà intendeva colpire Antonio, reo di aver malamente apostrofato in pieno centro, sotto la casa di Gabriele D'Annunzio in corso Manthonè, il capo dei rom. E fin qui siamo all'ordinaria delinquenza. La tristezza viene dall'apprendere che ieri all'obitorio si sono presentati in lacrime alcuni giocatori del Pescara Calcio guidati da Ciro Immobile.