Managers e condottieri


16 febbraio 2014

La crisi dell’Inter assomiglia sempre più a quella del sistema politico italiano. Dal giugno 2010 a oggi, la società nerazzurra ha cambiato 6 allenatori (Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri, Stramaccioni e Mazzarri) senza darsi un chiaro indirizzo tecnico, spendendo ingenti somme in campagne di mercato inconcludenti, smettendo di vincere trofei e precipitando lontano dall’Europa.

Nello stesso lasso di tempo, a Palazzo Chigi si sono succeduti 4 premier (Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi, senza mettere nel totalizzatore l’infelice tentativo di Bersani) senza un chiaro indirizzo politico, spendendo ingenti risorse in una spesa pubblica senza più argine alcuno, senza rilanciare il paese e precipitandolo lontano dall’Europa.

Con qualche differenza. Mazzarri è un premier che attua una politica prudente, di contenimento, e che predilige giocatori di esperienza rispetto ai più giovani: appartiene alla tradizione della politica “all’italiana”. Renzi, invece, è un mister che attua un gioco votato al possesso e all’attacco, predilige le forze fresche e il soccer femminile: appartiene a una visione che ha poche radici nel nostro calcio [leggi]. Il primo ha vinto poco o nulla in carriera. Il secondo ha vinto finora nei campionati delle serie minori [vedi].

Però i dieci milioni di tifosi nerazzurri rimpiangono crescentemente l‘“uomo forte”, il salazarista José Mário dos Santos Mourinho Félix. Un cronista parlamentare osservò ai tempi di Gasperini come “archiviata la parentesi vincente con lo Special One, il presidente dell’Inter sia tornato alla più consolidata tradizione: scialacquare il patrimonio col risultato di non vincere nulla. E suona beffardo ricordare come la sinistra abbia sempre taciuto di fronte a cotanto sperpero. Terminato solo quando Massimo ha incontrato un uomo di destra” [leggi].

Speriamo che, a breve, anche i sessanta milioni di italiani non comincino a rimpiangere un analogo condottiero, un duce.